Veniamo alle risposte promesse. Commento un po’ le parole di Giulia, che trovo interessanti per tanti motivi. Mi scuso se continuo a citare Batik, giocoforza poiché sta nelle parole di Giulia. Spero che si vorrà intenderlo come un esempio più facile cui riferirsi, a prescindere dalle persone, poiché la vicenda è recente e sta sotto gli occhi di tutti. Spero che Batik non me ne voglia.
Giulia ha scritto:La devianza quindi non rappresenta una caratteristica innata dell’individuo o dei suoi comportamenti, bensì il risultato di un processo di definizione sociale che – nell’atto stesso di esprimersi come stigma – costruisce di fatto l’identità deviante: “Il deviante è una persona alla quale questa etichetta è stata applicata con successo. Un comportamento deviante è un comportamento che la gente etichetta come tale” (Becker, 1963: 27)”
A me pare che ormai si sia instaurato un giochino che induce inevitabilmente voi a etichettare Batik come deviante e lei di conseguenza per confermare questa etichetta rincari la dose di aggressività.
Non farei, personalmente, questa identità tra “deviante” e ”aggressivo”. Certo è deviante quel comportamento che è definito tale in base a criteri pre-concetti. Per cui la carica negativa, di rifiuto che il termine può portare con sé, è certo discutibile. In effetti anche Galileo è stato un deviante, e Gandhi, e Gesù Cristo forse il più grande deviante di tutti i tempi. Nessuno dei tre era aggressivo. Certo l’emarginazione che risulta dall’etichettare come deviante può generare aggressività. Ma in questo caso non mi sembra che qualcuno abbia giudicato batik “deviante” generando la sua aggressività, mentre si è protestato verso la sua aggressività a priori, che lei stessa non nega. Forse però non ho capito cosa voleva dire Giulia. E’ forse deviante perché non si adegua al coro delle supposte lamentazioni? Ma sarebbe stata attaccata se non lo avesse espresso in modo aggressivo e giudicante? Mah… non lo sapremo mai….
Giulia ha scritto:In effetti su questo punto non possiamo che darle ragione, ci siamo sentiti tutti subito toccati da ciò che lei ha scritto ma lei non ha mai fatto nomi, credo che ogni qualvolta usasse la parola "tipa" (che in gerco significa persona, ragazza, individuo) volesse indicare una tipologia di comportamento. Una sorta di generalizzazione dei comportamenti che possono capitare e che sicuramente sono capitati nel forum ma senza per questo colpire direttamente un altro utente.
Purtroppo può capitare di tentare di usare ricche argomentazioni per giustificare le nostre propensioni emotive, ma questo dovrebbe far riflettere chi è mentalmente onesto. Ad esempio: per recuperare il discorso di Batik, Giulia si trova costretta a dimenticare che Batik ha fatto categorie pari pari ai post recentemente scritti, quindi è ovvia l’allusione! Farei attenzione, perché questi meccanismi usati per sostenere il proprio discorso, balzano agli occhi e stornano per forza l’attenzione dai contenuti che potrebbero essere interessanti. Peraltro è uno dei sistemi principe della provocazione: far “saltare i nervi” con argomenti teoricamente inoppugnabili, ma di fatto strumentalizzati. (non sto con questo dicendo che Giulia è una provocatrice, eh? )
Giulia ha scritto:Forse Batik è riuscita a raccogliere le energie e non abbattersi e quindi probabilmente il ragionamento che fa con sè stessa è un pochino questo: "Caspita, io sono riuscita a vincere una malattia cosi devastante e a ricostruirmi una vita dopo il trauma, …..Oppure di converso forse Batik ha avuto un'infanzia e un'adolescenza difficile, poi ha dovuto lottare anche con la malattia e alla fine ne è uscita comunque vincente. Stesso ragionamento di prima... Forse, probabilmente, Batik dopo che ha superato le 12 fatiche di Ercole si domanda ….. Da qui quindi anche forse l'atteggiamneto di Batik di ignorare i problemi meno "gravi" di alcuni utenti…..
Bene… chiunque sarebbe certo soddisfatto da tanta attenzione, soprattutto perché “sta dalla sua parte”, mentre sarebbe certo piccato se non stesse dalla sua parte… com’è naturale che sia dal punto di vista emotivo. Proprio per queste emozioni che si mettono in circolo come bombe all’idrogeno pronte a scoppiare, si consiglia di evitare interpretazioni e riletture delle parole altrui. Per lo stesso motivo i moderatori si guardano bene, ma molto bene dal farlo. E se “scappa” è umano, ma non giustificato.
Giulia ha scritto:A) Batik attacca l'operato della Dottoressa Arduino e le sue modalità di risposta. Reputa che la dottoressa risponda in maniera non adeguata agli interrogativi che le vengono posti dai vari utenti. Bene, lasciamo che sia la diretta interessata a rispondere a Batik, non c'è bisogno che ci ergiamo noi ad avvocato diensore della dottoressa, che peraltro mi sembra in grado di difendersi da sola.
Credo di aver risposto più che abbastanza. Può esserci una forma di "malafede" (più o meno consapevole), cioè non si cercano risposte autentiche, ma le stesse risposte che vorremmo sentire, o che riusciamo a capire o approvare, il che non è sempre possibile. Rileggendo lo scambio di messaggi è facile verificare quanto dico. Posso aggiungere che non si può pretendere che tutti leggano tutto, però almeno se invitati, sì. Almeno nel proprio stesso 3d, sì… o no ? Eppure non è raro vedere questo meccanismo, che fa intravedere bisogni diversi da quelli che si manifestano, in modo persino inconsapevole. Ma qui mi fermo.[/quote]
Giulia ha scritto:B) Batik sbaglia a generalizzare troppo però è indubbio che ha colto aspetti sociale importanti:
- Batik si domanda come mai ad una società opulenta corrisponde in realtà un aumento costante di disagio.
Allora, facciamo finta che quello che Batik si domanda secondo Giulia sia quel che si domanda Giulia e proviamo a rispondere come se fosse Giulia a farsi delle domande e non Batik ....
Giulia ha scritto:”Il dato delle statistiche frutto di studi e ricerche OMS indicano un costante aumento delle sindromi depressive. Nella forbice fra i 15 ed i 25 anni, in Italia almeno 850 mila ragazzi soffrono di disturbi d'ansia e comportamentali, sintomi prodromici di patologie di personalità e di psicosi. Tra 15 anni la depressione sarà la seconda causa di malattia in tutto il mondo, Italia compresa, secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I trend epidemiologici non sono affatto confortanti.”
Non pretendo di avere una risposta esauriente, e chi ce l’ha? Posso dire che sono d’accordo, che succede proprio così, che lo constato ogni giorno soprattutto perché lavoro in un centro d’ascolto per adolescenti e giovani, anche, e ne vedo a centinaia. Non ripeto le molte cose socio-politiche e psico-sociali che sono state dette da molti esperti, aggiungo alcune mie considerazioni, opinabili:
- il male di vivere prende piede quando le necessità elementari di sopravvivenza sono soddisfatte. In questo senso è vero che “la società opulenta genera disagio”. Ma si potrebbe dire che genera due generi di disagi:
1) l’uno derivato dal proporre-imporre bisogni fittizi e ansie da prestazione, che non influenzano solo le “menti deboli” ma assolutamente tutti noi: provate a toglierci il successo, il riconoscimento, la casa, il matrimonio (anche se va male) e la pensione sicura, e vediamo chi riesce a sentirsi bene perché mangia, beve e ha salute, seppure potrebbe essere. E’ vero che l’uomo comprende e sente per differenza, e quindi se capita un male più grande di quanto abbia fin’allora vissuto, tutto il resto sembra ridimensionarsi e scomparire. Ma ciascuno ha la sua misura e le sue esperienze e infine elaborarle e procedere è il compito che ci accomuna tutti: ad ognuno coi suoi mezzi.
2) l’altro derivato dal fatto che non dovendo più pensare al “pane” l’uomo si volge a una parte meno animale di sé e quindi sorgono altre spinte e necessità. “Qualcuno” disse “non di solo pane vive l’uomo….” Il che potrebbe alla lunga essere un gran bene, pur nato da tanto male. Su questa possibilità per le persone di trasformare “il proprio male in bene” si basa la psicoterapia psicodinamica, anche se non sempre riesce a fra sì che… “l’acqua diventi vino”

Potremmo allora dire che per l’umanità si affaccia un’epoca di grandi cambiamenti: i valori consolidati vanno in crisi, è difficile formularne di nuovi e ogni terremoto fa le sue vittime. Più grande è il terremoto più numerose le vittime. Un terremoto non può non avere conseguenze massicce. Poi c’è anche lo tsunami conseguente. I giovani sono più esposti a questo perchè sentono di più il cambiamento rispetto a chi ha vissuto con le sue certezze e vi resta comunque aggrappato: a cosa si possono aggrappare loro che non hanno ancora avuto il tempo di strutturarsi? A qualcosa che palesemente non regge più?
Giulia ha scritto:- Batik inoltre si domanda come mai in pochi riescono a trovare la chiave di volta che consenta di risolvere e debellare questo mal di vivere.
In base a quanto ho detto sopra, nasce l’abbozzo di risposta: perché è un “male” epocale di cui ancora l’umanità non conosce la chiave risolutiva, non sta ancora nel suo patrimonio culturale. Se guardiamo la storia degli ultimi 2 millenni (l’unica che oggi sappiamo documentare con certezza) vediamo questi cicli, questi grandi momenti di rottura e trasformazione. Le cronache non serbano notizia dei singoli, ma cosa avranno fatto i giovani di fronte alla caduta dell’impero romano? E cosa avranno vissuto all’avvento dei barbari? E quante disperazioni, smarrimenti, ansie e suicidi avrà generato il medio evo prima del Rinascimento? Forse non siamo in una fase tanto rivoluzionaria, potremmo saperlo solo quando sarà superata. Ma anche i grandi cicli hanno dei sotto-cicli trasformativi e portano altrettanti terremoti: si pensi all’industrializzazione, alla guerra e dopo-guerra, all’attuale globalizzazione… potrebbero sembrare cose tanto al di sopra delle nostre quotidianeità, ma a cascata influenzano fin il nostro modo di …. andare al gabinetto. Ovviamente mi riferisco alla mutazione delle tazze da w.c. di nota entità. (

:D:D:D:D:D )
Nessun uomo è un’isola, anche se si isola. Forse per capire l’uomo del presente dobbiamo guardare al suo passato e immaginare il suo futuro, così come per capire l’individuo cerchiamo nella sua storia per trovare l’orientamento al suo domani.
Anche la psicoterapia tenta di rispondere a queste nuove necessità, e sempre più si trova a modificare i suoi metodi e i suoi scopi; la ricerca di senso, del proprio senso di vivere e delle esperienze vissute è il primo passo che ciascuno fa quando deve ripartire: un’azienda da risanare va ad analizzare i suoi bilanci, l’uomo fa il bilancio per potersi risanare. Infondo è semplice, ed è solo un punto di partenza. Ma da dove partire se non da noi stessi?
(diciamo che ci provo sempre a spiegare ai vari Eddd cos’è la psicoterapia….)
e adesso credo che tacerò per un tot di mesi...
